Storie d’amore “normali”, anche se travagliate, tradimenti, fughe, corpi femminili in bella vista, baci appassionati, balli e canti liberi e scatenati. No, questo era davvero troppo secondo il Consiglio Islamico degli Studiosi, che ha deliberatamente deciso, da un giorno all’altro, di bloccare quello che rappresentava il passatempo preferito dalla popolazione afgana: le telenovelas indiane. Sono troppo “peccaminose”, mal si sposano con il costume islamico: le donne lì sono troppo libere, mica come le nostre, segregate, costrette a vivere come schiave, punite al minimo disobbedire all’uomo-padrone. E’ questo, in riassunto, il nocciolo del pensiero espresso dai potenti membri del Consiglio Islamico degli Studiosi, che da mesi erano intenti a battagliare contro la messa in onda degli sceneggiati indiani, passione di milioni di telespettatori in Afghanistan, e che finalmente sono riusciti ad ottenere il sostegno di una parte del governo guidato da Hamid Karzai.
Da tempo, infatti, la televisione privata “Tolo tv” manda in onda, in fasce giornaliere da quindici minuti l’una, tre telenovelas prodotte in India, dai titoli pressappoco traducibili così: “Perché la suocera un tempo è stata a sua volta nuora”, “La storia di ogni casa” e “Il processo della vita”. In questi tre sceneggiati, che illustrano gli stili di vita della popolazione indiana, anch’essa molto attenta ai dettami della propria religione (i cui seguaci, i saccenti del Consiglio Islamico deridono, chiamandoli “adoratori delle pietre”), che certo lascia loro molta più libertà in tutti i campi del vissuto quotidiano, si narrano storie normalissime di persone che conducono una vita normalissima, soggette a passioni e rapporti interpersonali normalissimi. Era davvero troppo questo per un Afghanistan che negli ultimi tempi si trova in una fase di regressione dal punto di vista economico e sociale a causa dei continui ricatti provenienti dalla minoranza taleban. Nonostante Karzai, quando fu eletto nel 2002, fosse stato elevato a fautore della laicizzazione e del processo d’apertura economica del Paese verso l’estero. Così, purtroppo per il popolo afgano, non è stato. E dopo la chiusura dei bordelli cinesi ed il divieto di vendita degli alcolici (per venire incontro ai dettami dell’Islam, che il popolo è tenuto ad osservare rigidamente mentre i potenti spesso ignorano completamente), è giunto il turno delle telenovelas indiane, uno dei pochi, flebili, segnali di globalizzazione presenti in questo Paese. Il popolo afgano dovrà prestissimo rinunciare alle storie di Tuolsi e degli altri personaggi degli sceneggiati, abbandonando uno dei propri passatempi preferiti e rinunciando anche solo a sognare che un giorno ciò che vedono fare ai beniamini della tv potrebbe riguardare anche loro. (Giuseppe Colucci per NL)