Roma, 12 settembre 2006 – La decisione di Telecom di tornare alla situazione societaria precedente al 2005, scindendo TIM e vendendo la rete, è una scelta comprensibile solo alla luce della improrogabile necessità di ridurre l’enorme debito accumulato (41 mld di euro).
L’operazione di scorporo smentisce tra l’altro clamorosamente le affermazioni fatte solo un anno e mezzo fa dalla stessa dirigenza a seguito della fusione, quando affermò che la concentrazione consentiva l’accorciamento della “filiera” proprietaria e vantaggi finanziari e fiscali, con ripercussioni positive anche sull’utenza.
Dietro allo scorporo di Telecom non si intravvede alcun serio progetto di sviluppo industriale, semmai il preludio della cessione all’estero dell’ultimo operatore di telefonia mobile nazionale!
L’operazione può essere valutata quindi solo finanziariamente.
Adiconsum invita pertanto i risparmiatori che hanno investito in Telecom a prestare la massima attenzione, perché a fronte di un iniziale aumento del valore dei titoli del gruppo e di quelli della proprietà (Pirelli, Benetton, ecc.), senza alcuna certezza sulla vendita di TIM, della rete e degli accordi commerciali, il rischio di un altrettanto immediato ridimensionamento del titolo in Borsa è reale, con ricadute pesanti sui piccoli investitori. Non è da sottovalutare nel nuovo quadro, infatti, la minore liquidità di Telecom dovuta al minore apporto degli utili di TIM.
Adiconsum chiede quindi alla proprietà di rendere chiaro il futuro di TIM e la destinazione della rete a tutela degli interessi del Paese e dei consumatori.
In particolare, Adiconsum ritiene che la rete e le infrastrutture, per l’efficienza dimostrata in passato e per consentire una reale parità di accesso a tutti gli operatori, debbano tornare in mano pubblica o rimanere nel Gruppo, ma scorporate organizzativamente dallo stesso.
Adiconsum ritiene inoltre indispensabile, per la tutela dell’utenza tutta, che le Autorità, alla luce della nuova situazione, verifichino le licenze concesse a Telecom e a TIM per una loro eventuale ricalibratura (canone, frequenze, servizio universale, ecc.) e la corretta ripartizione del debito fra le future società.