Piacerebbe a tutti spegnere 80 candeline con la lucidità mentale di don Mario Galbiati, da sempre guida di Radio Mater. Uno spirito da ventenne insieme all’esperienza di un uomo che ne ha viste di tutti i colori.
Ancora oggi, nonostante una salute minata che reca gravi dolori – che, francamente, non si riesce a capire dove trovi la forza per vincere – si alza all’alba per affrontare giornate impegnative sia sul fronte spirituale che editoriale. Già, perché don Mario delega sì alcune quotidiane incombenze impegnative della “sua” radio ad un ristretto numero di fidati collaboratori, ma non perde di vista, nemmeno per un istante, il suo generale funzionamento. Ma chi pensa che la radio sia la vita di don Mario sbaglia profondamente: per lui (parafrasando Mc Luhan) il medium è (solo) il messaggio, il mezzo per veicolare la voce cristiana, nella valenza più robusta ed imperturbabile del termine. Un mezzo che don Mario conosce bene, da quando, parroco di un piccolo centro della brianza comasca, Arcellasco d’Erba (dove vive anche oggi), nel 1983, installa un dipolo sul campanile per raggiungere, con una manciata di watt, la sua utenza naturale: i suoi parrocchiani, in particolare quelli ammalati e impossibilitati a presenziare alle funzioni religiose. Sulla denominazione don Mario non dubita nemmeno per un istante: è un devoto alla Madonna e quindi “Radio Maria” non può essere che il punto di incontro tra l’espressione di tale devozione e un identificativo che immediatamente permetta di cogliere la differenza tra quella stazione e i mille segnali che in quel momento affollano l’etere lombardo. Di radio cattoliche, cristiane, parrocchiali, oratoriali, ce ne sono migliaia: ma tutte, in un modo o nell’altro, finiscono per cedere alla promiscuità dei programmi o al compromesso, difficilmente gestibile, con la pubblicità (e quindi col commercio), si potrebbe dire "unendo il sacro al profano", pur in ovvia buona fede. Un errore di marketing strategico, direbbe oggi qualche super esperto di format editoriali. Invece, girando la sintonia, Radio Maria si coglie immediatamente, in qualsiasi momento del giorno (e presto della notte), emergendo nel mare magnum del chiacchiericcio indifferenziato e spesso superficiale, scegliendo di trarre sostentamento solo dagli oboli dei suoi ascoltatori. Il successo enorme dell’emittente letteralmente travolge la piccola comunità che don Mario ha creato intorno alla radio e che fatica a gestire l’incessante richiesta di espansione del segnale. Unica soluzione per far fronte a tanta preghiera è ampliare l’organigramma, dandosi, nel limite della propria missione, una struttura organizzata. Entrano così nuovi soggetti nel direttivo, la radio si espande a macchia d’olio (nel 1987 è già a Milano ed in tutta la Lombardia), ma iniziano anche i primi problemi relazionali, che presto si trasformano in contrasti: don Mario vorrebbe che l’emittente non perdesse il suo spirito comunitario iniziale (quello “famigliare”), altri esponenti del direttivo ritengono invece che, come tutte le grandi emittenti, Radio Maria sia un’azienda (anche se non si finanzia con la trasmissione di spot) e come tale debba essere organizzata. In breve è la rottura, che porterà il fondatore a fuoriuscire con sofferenza proprio in prossimità di un evento epocale per il settore radiotelevisivo italiano, qual è la legge Mammì (legge 223/1990). Così, proprio quando la sua radio diventa nazionale, il sessantenne don Mario sparisce dalla scena radiofonica: qualcuno lo dà per gravemente malato e in molti considerano ormai archiviata la sua posizione. Ma non è così. Grazie anche all’affetto di un ristretto numero di collaboratori che gli è rimasto profondamente fedele ed allo sprone di alcuni ambienti autorevoli della Chiesa (che, tardivamente, si era accorta dell’importanza dell’incredibile lavoro svolto dal piccolo parroco di campagna), nella prima metà degli anni ’90, quando la maggior parte delle persone avrebbe gettato la spugna, don Mario si rimette in gioco (non tradendo le sue origini di ferreo brianzolo). Così, sulle ceneri di due piccole stazioni (Radio Country e Gallaradio), nasce la nuova emittente, che, col suo nome, è un nuovo inno della sua devozione: Radio Mater, la riproposizione, netta e sincera, del progetto iniziale di Radio Maria. E subito è, di nuovo, irrefrenabile successo. In pochi anni l’emittente è diffusa in tutta la Lombardia, poi nel Piemonte, indi nella Toscana, arriva in Liguria, Abruzzo, Molise, Puglia, Veneto, accede al satellite ed al webcasting. Per il settantesimo compleanno di don Mario si vorrebbe regalare al fondatore l’amata Roma; ma, stante il notevole impegno economico, bisognerà attendere il Natale 2003 per far piangere di felicità don Mario. Oggi la creatura dell’ex parroco di Arcellasco (che nel frattempo ha posto le antenne anche in Sicilia e in Sardegna), è la più grande radio privata cristiana italiana non nazionale: efficiente in termini tecnici (nonostante la dimensione), amata in maniera intensa dai suoi ascoltatori, ma soprattutto fedele al motto del suo fondatore: “La radio che porta la Chiesa in casa e che tutti riunisce nell’amore come una sola famiglia”. Auguri don Mario. Ci rileggiamo per il novantesimo compleanno.