Un recente studio sulla fruizione radiofonica al cospetto dei nuovi dispositivi di somministrazione radio connessi ha identificato un numero ricorrente nella gestione del palinsesto radiofonico: il 24.
Vediamo perché.
Lo studio, realizzato dalla società di analytics strategy in ambito radiotelevisivo Media Progress, si è basato sull’elaborazione di oltre 18 milioni di sessioni di ascolto di un campione di flussi streaming radiofonici di 10 diverse emittenti musicali lungo 12 mesi (aprile 2023-marzo 2024).
StatCast
Un’analisi resa possibile dallo strumento StatCast della società MeWay che consente di analizzare cumulativamente gli ascolti digitali IP, restituendo rapporti dettagliati con grafici intuitivi
Il numero ricorrente
Ebbene, l’analisi di Media Progress ha curiosamente identificato il numero 24 come valore ricorrente in diversi frangenti, che commentiamo insieme a due esperti del settore.
Cavallin ed Elli
Parliamo di Patrizia Cavallin, consulente editoriale di Consultmedia, la più importante struttura italiana di competenze a più livelli in ambito radiotelevisivo, redattrice musicale della Radio Svizzera Italiana e di Carlo Elli, speaker di RTL 102.5, docente in corsi di conduzione radiofonica e fondatore di Kvox, compagnia di produzione audio specializzata in podcast.
Audio-esperti
Cioè due esperti di conduzione e gestione di contenuti radiofonici ed audio in generale.
24 minuti: durata media della sessione di ascolto radiofonica
Nel merito della questione, in primo luogo, 24 minuti è risultata essere la durata media delle sessioni di ascolto radiofonico in streaming delle stazioni musicali testate (6 di musica senza particolare specificazione temporale e/o di generi musicali e 4 tematiche: solo italiana, oldies, rock, dance) su device eterogenei (smartphone, smart speaker, tablet, pc).
Eterogeneità dei dispositivi d’ascolto
“24 minuti è una sessione di ascolto simile a quella tipica della fruizione via autoradio (25-30 minuti è la durata media di uno spostamento in auto in Italia, ndr), ma meno prolungata di quella con ricevitore stand alone (35-40 minuti, in Italia, ndr), indotto da alcuni fenomeni, ma, al contempo, mitigato da altri”, spiega Patrizia Cavallin.
Per più tempo dello smartphone con lo smart speaker, che ha una durata simile a quella dell’autoradio ma inferiore a quella del ricevitore stand alone
“Sebbene, infatti, secondo IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) la durata media di una sessione d’ascolto di musica via smartphone sia di 32 minuti, per quanto riguarda l’ascolto radiofonico essa subisce frequenti interruzioni determinate dalla facilità di effettuare zapping (soprattutto se si ascolta da un aggregatore di flussi streaming radiofonici) – continua la consulente – .
Zapping poco agevole coi comandi vocali
Zapping non proprio agevole con lo smart speaker, che, difatti, come per la radio stand-alone (il classico ricevitore FM/DAB+/IP domestico, ndr), viene normalmente lasciato sulla stessa stazione per un tempo più prolungato.
Prossimità
Perché ciò accade è intuitivo: lo smartphone è costantemente disponibile (tenuto in mano o in tasca, generalmente), mentre il ricevitore radio è lontano e per cambiare stazione con lo smart speaker occorre conoscere le invocazioni delle singole stazioni (le skill delle emittenti)”, avverte Patrizia Cavallin.
24 secondi (intervento vocale)
Ma 24 sono anche mediamente i secondi dopo i quali si produce una disconnessione alla presenza di un contenuto parlato monocorde.
Noto ai podcaster
“Si tratta di un fenomeno noto ai podcaster, che sanno che un contenuto audio deve essere costantemente alimentato da effettistica o da opportuna modulazione della voce, per evitare la monotonia e produrre melodia”, commenta Carlo Elli di Kvox.
Prosodia
“C’è una branca della linguistica che studia l’intonazione, il ritmo (isocronia), la durata (quantità) e l’accento di unità di linguaggio: si chiama prosodia.
Tre parametri acustici fondamentali
In fonologia, un tratto prosodico è una caratteristica fonologica che coinvolge più segmenti fonemici (cioè più di un fonema) in simultaneità, facendo riferimento a tre parametri acustici: la frequenza fondamentale, l’intensità e la durata”, continua Elli.
Monotono
“E 24 secondi sono il limite massimo di durata di un intervento vocale monotono. Per mantenere su standard elevati l’attenzione di un ascoltatore la voce deve variare continuamente, con opportune modulazioni di velocità, di intensità e di tono, oppure deve essere interrotta da un inserto audio esterno.
Interminabili
D’altra parte, 24 secondi con un discorso monotono sono interminabili, se ci si pensa”, sottolinea il fondatore di Kvox.
Monotonia del cluster pubblicitario
L’analisi di Media Progress evidenzia anche i tempi di disconnessione in caso di cluster pubblicitari. In questo caso si è notato che non è tanto la durata del carosello a favorire l’abbandono dell’ascolto del flusso, quanto la scarsa varietà dello stesso.
La durata degli spot
“Un concetto che ci riporta al tema della durata degli spot pubblicitari da tempo al centro di un acceso dibattito tra i pubblicitari ed i programmatori“, evidenzia Patrizia Cavallin.
I primi sui secondi
“I pubblicitari, pur nella consapevolezza di dover ridurre il classico ed anacronistico spot da 30”- durata considerata sufficiente a mantenere l’attenzione senza risultare noiosa con studi risalenti agli anni 60 e diventato standard de facto negli anni ’80 (prima la durata media era 60″, ndr)- ritengono che il limite minimo per una comunicazione efficace non possa scendere sotto i 15 secondi.
15″ buoni solo per richiamo o supporto
Ma solo negli spot di richiamo o supporto di quelli principali (cd. “promemoria” tesi alla call-to-action).
Engagement linguistico
I programmatori, invece, ritengono che utilizzando nuove tecniche di engagement linguistico si possa arrivare a 10 secondi.
Compromesso da 24 secondi
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un compromesso che ha portato la durata degli spot tra i 20 ed i 24 secondi. Ma non è questo il punto”, anticipa Patrizia Cavallin.
Più spot stancano meno
Il rapporto Media Progress ha dimostrato infatti che cluster di 90 secondi costituiti da 3 spot pubblicitari da 30 secondi sono considerati più invasivi (perchè annoianti) per l’utente di un carosello composto da 6 messaggi da 15″, perché quest’ultimo è contraddistinto da maggior varietà e dinamicità.
Micro spot
D’altra parte, è evidente la tendenza verso i micro-spot (6-10 secondi) sulle piattaforme digitali. Questi brevissimi messaggi pubblicitari sono progettati per catturare rapidamente l’attenzione e trasmettere un messaggio chiaro in un tempo molto ridotto.
Bumper ads
Secondo uno studio condotto da Google e Ipsos, i bumper ads di 6 secondi su YouTube hanno dimostrato di essere efficaci nel migliorare la memoria del marchio e l’intenzione di acquisto (call-to-action).
Novità
“Ma in ambito radiofonico, a giocare un ruolo fondamentale è soprattutto la novità dei messaggi: nella pubblicità radiofonica nazionale si assiste ad una successione di spot molto più varia di quella locale, con cambi di soggetti in pochi giorni per lo stesso cliente/prodotto.
Inserzionisti locali meno accorti
Gli inserzionisti locali, invece, tendono a programmare campagne pubblicitarie col medesimo spot spesso per mesi interi.
Abitudine riduttiva dell’efficacia
Ciò non solo riduce progressivamente l’efficacia del messaggio pubblicitario per assuefazione, ma spinge l’utente alla disconnessione.
Breve e vario è meglio
Ben vengano, quindi, messaggi pubblicitari più brevi (anche per migliori opportunità di budgeting), ma anche – e soprattutto – con soggetti che si alternano anche a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro”, enfatizza Patrizia Cavallin.
Un quarto del palinsesto variato mensilmente
L’ultima tendenza acclarata da Media Progress in realtà non è una novità, ma è abbastanza nota: quella della necessità di variare sistematicamente (cioè periodicamente) il palinsesto nella misura di almeno un quarto.
Frequenza di rimbalzo
Le stazioni che hanno il miglior rapporto di “frequenza di rimbalzo” del campione testato sono risultate quelle che aggiornano mensilmente il proprio layout editoriale (cfr. grafico esemplificativo nell’immagine di seguito, di una stazione testata).
Il metodo
Si tratta di un parametro della streaming analysis mutuato dalle statistiche di visita di siti internet, calcolato dividendo il numero di visitatori che hanno consultato una sola pagina web per il numero totale di visitatori (del sito).
Moltiplicatore
Il risultato va poi moltiplicato per 100 per ottenere il dato, ovviamente in termini percentuali.
Richiesta dall’alto dagli scout degli over the top
Annota la Cavallin: “E’ una richiesta che perviene anche dai selezionatori di contenuti radiotelevisivi lineari da ospitare nei bouquet delle grandi piattaforme di streaming on demand, che richiedono che il palinsesto subisca un aggiornamento mensilmente non inferiore al 25% del suo complesso”.
Quasi 24
Non è esattamente il numero 24, ma si avvicina molto.