Una vita intensa, impegnata, piena di contraddizioni, quella vissuta da Ernesto Teodoro Moneta (foto), milanese, uno dei massimi esponenti del giornalismo italiano ed europeo del XIX secolo. Nato nel 1833 a Milano, sin da piccolo respirò, in casa, un’aria rivoluzionaria: suo padre, infatti, fu un ardente patriota e, nel 1848, partecipò insieme ai figli (Ernesto aveva appena quindici anni) all’insurrezione contro gli austriaci, le celebri Cinque Giornate di Milano. Cresciuto, Ernesto Teodoro Moneta divenne garibaldino, combattè diverse battaglie, da Volturno a Custoza, prima di appendere il fucile al chiodo e dedicarsi anima e corpo all’attività giornalistica. Certo, le esperienze di battaglia lo avevano segnato, avevano creato dentro di lui una sorta di rigetto nei confronti della guerra, delle divisioni tra i popoli, della morte dei giovani per motivi che neanch’essi conoscevano. Nel 1867 entrò nella direzione de “Il Secolo”, prestigioso quotidiano milanese, fondato l’anno precedente, che diresse per trent’anni. Fu proprio alla guida del quotidiano, dopo anni di militarismo, che iniziò ad intraprendere le proprie campagne in favore dell’ideologia pacifista, identificandosi con il movimento internazionale per la pace. Nessun gran giornale europeo adottò così presto come “Il Secolo” un programma di pacificazione: Moneta spinse per la creazione di una milizia popolare, non professionista, che servisse esclusivamente all’autodifesa della nazione. Una delle sue battaglie meglio riuscite fu quella per riavvicinare il popolo italiano a quello francese, dopo decenni di astio reciproco. Ed ogni qualvolta succedesse qualcosa di positivo nel progressivo riavvicinamento tra i due popoli, “Il Secolo” aggiornava i propri lettori, esultando per le vittorie ottenute, ma anche “piangendo” per le sconfitte. Nel 1887 costituì la Società internazionale per la pace: Unione Lombarda, la più attiva e la più importante società per la pace in Italia. Moneta ne fu il presidente e il suo genio amministrativo quasi fin dalla fondazione. Inoltre tenne conferenze per la pace in tutta Italia, costituendo altre società per la pace, simili a quella da lui stesso fondata. Fu proprio questa (“Per il suo impegno e la fondazione dell’Unione lombarda per la pace e l’arbitrato”) la motivazione che spinse i giurati di Kristania (Oslo) a conferirgli, nel 1907, il Premio Nobel per la Pace, una rarità per un giornalista, un caso unico per il giornalismo italiano. E’ del 1903, invece, il suo capolavoro “Le guerre, le insurrezioni e la pace nel secolo decimonono” (Società tipografica editrice popolare, Milano 1903), un compendio sulle relazioni internazionali dell’epoca. Prima di morire, nella più completa cecità, nel 1918, Ernesto Teodoro Moneta, antesignano di tutti gli attuali movimenti per la pace, ci ha lasciato un estratto di un suo celebre discorso durante una conferenza internazionale, divenuto una sorta di manifesto pacifista, che diceva: “Forse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori, si riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa, coltiveranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, quali il commercio e le attività industriali, stringendo solidi legami. Noi aspettiamo quel giorno …”. Quel giorno, ahinoi, lo aspettiamo ancora oggi, ad un secolo esatto dal conferimento del prestigioso premio ad uno dei padri del nostro giornalismo, difensore dei diritti civili ed umani.
Milano, sua città natale, lo ricorda con una statua all’interno dei giardini pubblici Indro Montanelli, in prossimità di Porta Venezia, con una lapide che recita: “Ernesto Teodoro Moneta – Garibaldino – Pensatore – Pubblicista – Apostolo della pace fra libere genti”. (Giuseppe Colucci per NL)