LolliRadio, il brand bouquet di Marco Lolli composto da 6 radio verticali compie 13 anni. Non solo è una delle più antiche web radio italiane ancora in attività, ma è anche la più ascoltata, con numeri estremamente rilevanti. Con l’editore e deus ex machina Marco Lolli abbiamo fatto quattro chiacchiere sullo stato del mercato radiofonico digitale ed analogico.
(Newslinet) – E’ il tuo momento. Finalmente la radio sta diventando veramente digitale: un terreno dove, con la oggi tredicenne Lolliradio, tu ti muovi meglio di tutti…..
(Marco Lolli) Si, oggi mi ritrovo a festeggiare con gioia 13 anni di LolliRadio (28 agosto 2006), entriamo nel 14° anno con tanti obbiettivi raggiunti e tanti altri da realizzare. Sicuramente l’affermazione di LolliRadio ha contribuito all’attenzione verso le radio digitali, che non sono più una scommessa ma una realtà. Ora dobbiamo dimostrarne tutta l’importanza, dimostrare che non siamo un giocattolo, qualora lo si fosse pensato. Io ho approfittato dell’estate per rivoluzionare tutto: struttura tecnica in primis, ma anche qualcosa a livello artistico dove già abbiamo innovato negli anni. Ci saranno interessanti novità, diciamo che sto studiando bene il marketing radiofonico e il posizionamento delle LolliRadio, una cosa che non ho mai fatto seriamente prima, a cui nemmeno lontanamente pensavo. Siamo a tutti gli effetti radio sul mercato, ci dobbiamo rapportare con giganti del settore e non con le altre webradio più piccole, che non sono mie concorrenti. Solo così il progetto assume una dimensione “industriale” e di “sostenibilità”.
(NL) – Gli indicatori dicono che la Radio non è più un mezzo per giovani. E’ vero o si tratta di un grande fraintendimento?
(ML) – Sono cambiati tempi, ma soprattutto le modalità di fruizione. La radio senza immagini, quindi la radio “pura”, non è allettante per un pubblico cosiddetto “teen”, lo è dai 25 anni in su. Quando era “teen” il sottoscritto era tutto diverso, c’era solo la radio di stato (che non dava spazio ai giovani) e due canali televisivi “a mezzo servizio”. Improponibile il confronto. Certo da mente “artistica” io qualcosa lo avrei fatto, ma ripeto forse i tempi non sono più adatti. Adesso leggo di questa “Urban Italia” come la genialità fatta formato, la radio che salverà il mondo. Bene, io questo progetto l’ho scritto con dovizia di particolari ben 10 anni fa per una nota radio romana in perenne crisi di ascolti e identità, partendo proprio dall’evoluzione di gusti e tendenze del pubblico e della variazione strutturale del modo di fare musica e proporla.
Un progetto accurato che l’editore mi aveva persino approvato (sua figlia no, e si sa “i figli so piezzi ‘e core”) e che guarda caso ora mi è stato letteralmente rubato e viene commercializzato. Non ho acredine, vado avanti con le mie idee, che sono idee prima di tutto “artistiche”: servire il pubblico significa soprattutto non avere paraocchi e avere una discreta esperienza nel capirlo, il tuo proprio pubblico di riferimento. Possibilmente non da teorie anni ’90 scopiazzate dalle radio americane o da freddi grafici. Io questa possibilità l’ho avuta e me la tengo stretta, dunque buona fortuna…
(NL) – Lolliradio insieme a United Music (Radiomediaset) è stato uno dei primi esempi al mondo di brand bouquet IP. Anche qui avevi bruciato i tempi….
(ML) – Loro sono stati i primi, io ho mutuato alcune esperienze estere, non ho mai pensato di fare la brutta copia di United Music, né allora né adesso. Ho un mio modo di pensare e agire, e vivaddio è stata questa la forza di LolliRadio: la mia testa. Ad esempio ho scaricato la loro nuova app, loro si sono spostati verso un modo di ascoltare “più Spotify”, non ho provato e non provo nessuna invidia e anzi ho molta curiosità. Però – devo dirlo – le nostre sei radio non hanno nulla da invidiare alle loro 40, in certi casi sono di gran lunga migliori.
(NL) – Una classifica di gradimento delle tue radio…
(ML) – Personale ? Beh Happy è stata la prima ed è un concept tutto originale, per cui è la mia preferita, quella su cui ho scommesso di più e investito di più. Ricordo ancora gli esordi, e l’editore a cui la feci ascoltare in anteprima che mi diede del pazzo. Ci hanno provato in tanti a scopiazzarla, persino M2O creò un canale happy. Noi ci siamo ancora però. Tutte le altre LolliRadio a pari merito, o quasi. Diciamo che se potessi partire da zero avrei sicuramente ripensato all’esistenza del canale Dance e di sviluppare altri progetti che ho in testa : non perché non mi piaccia, semplicemente perché il mondo della Dance si è evoluto in peggio. Ma anche qui stiamo trovando “la quadra” e andiamo avanti. A modo nostro, “il modo LolliRadio”.
(NL) – La Radio deve temere Spotify e lo streaming o demand in generale?
(ML) – Ho letto tutto quello che ha scritto Newslinet e mi trovo sostanzialmente d’accordo, soprattutto sulla rincorsa di Spotify verso la radio. Oggi non si può far finta di nulla: streaming e on-demand non sono radio, ma possono sostituirla nella fruizione. Vince il prodotto, il progetto. Per chi ha una radio indipendente dai grandi network è un po’ diverso. Perché LolliRadio è così ancora seguita nonostante Spotify e compagnia? Perché è un progetto unico, con playlist ragionate e calibrate, complete e senza preclusioni di generi e artisti, e se proprio vogliamo andare a vedere nel dettaglio la maggior parte dei brani trasmessi su alcuni canali nemmeno li trovi su Spotify o Apple Music. Il pubblico che ci conosce lo sa e lo testimonia continuamente. Detto ciò monitoriamo tutte le nuove tendenze, soprattutto ora che lo streaming ha definitivamente preso piede. Quando dovrò rivedere completamente il nostro modo di proporre radio… lo farò.
(NL) – Podcast: tutti ne parlano ma in pochi hanno veramente capito quali sono le potenzialità ed i requisiti.
(ML) – Perché è proposto malissimo, in modalità di fruizione che sono agghiaccianti, da medioevo radiofonico. Io stesso ho di frequente interesse a recuperare certi programmi, ed ho difficoltà, a trovarli e ancor peggio ad ascoltarli. Netflix non ha insegnato nulla agli editori italiani temo.
(NL) – In Radio è stato inventato tutto quello che c’era da inventare o c’è ancora spazio per prodotti originali?
(ML) – Certo che c’è spazio! io ne ho in mente almeno 4-5 di prodotti originali: è il prodotto originale che fa la differenza. Avrà quote di mercato minori ma sicuramente un posizionamento migliore, si fa notare, anche nell’utenza pubblicitaria. Difficile è realizzarli: a parte rarissimi casi gli editori non hanno alcun interesse a sperimentare. Eppure ad alcuni, senza ascolti né fatturati, non costerebbe pressoché nulla provare. Chiediamoci il perché della moria di emittenza locale: non c’è “visione”. Poi, io ormai 50enne di lunga memoria posso dire che non esiste prodotto senza le persone. Nella mia lunga carriera lo scouting è stato fondamentale, una lezione di vita oltre che un arricchimento della professione. Oggi invece le persone non sono al centro della radio, vengono prima i grafici. Mi fanno orrore quelli che progettano una radio senza nemmeno ascoltarla e fare tutte le prove audio, gente che non ha mai frequentato uno studio radiofonico ha facoltà di parola, e magari ti dice anche come devi andare in onda! Ecco io rivendico il talento: senza una visione del genere oggi non avremmo tanti professionisti ben famosi, alcuni dei quali hanno la colpa (!) di essere stati scoperti dal sottoscritto.
(NL) – Visual radio: a tre anni di distanza dall’esplosione del fenomeno su larga scala quale è lo stato dell’arte?
(ML) – Lo stato dell’arte, checché ne dicano gli addetti ai lavori sempre così parziali nei giudizi, è e rimarrà per lungo tempo RTL 102.5 (e radiovisioni collegate). E’ un insieme di intuizioni pazzesche, che è andato ad affinarsi e migliorarsi nel tempo. Non ho visto nessuno all’altezza di questo prodotto. Un riferimento assoluto, non solo per l’Italia. L’ho detto recentemente anche a Suraci: “sei un genio assoluto”. Bisogna avere rispetto di chi fa le cose prima e meglio di te. Detto ciò, credo molto dipenda proprio dalla persona e dalle sue intuizioni: sarebbe stata la stessa cosa RTL 102.5 senza Lorenzo? Temo proprio di no.
(NL) – Cosa pensi dell’iniziativa PER (l’aggregatore delle radio italiane promosso da Player Editori Radio che debutterà a Natale con la propria app orientata soprattutto vero le auto interconnesse): funzionerà o gli editori finiranno come sempre per litigare per posizionamenti, governance, ecc.?
(ML) – Come tutte le novità nulla si può prevedere: potrebbe essere un colossale fiasco o un incredibile successo. Io da editore digitale devo tifare per PER. Il mio ruolo lo impone. Anche se ovviamente non ne faremo parte – nessuno ce lo ha chiesto – e noi agli editori Fm diamo da sempre un po’ fastidio, oltre a far notare che ovviamente troveranno spazio in PER i vari brand-bouquet dei gruppi già concessionari in FM o autorizzati DAB. Meglio, serve a migliorarci con le nostre forze e le nostre idee. Piuttosto, mi chiedo perché non partire da un aggregatore come Fm World che era già solidamente posizionato. Io sarei partito da lì.
(NL) – Condividi le durissime critiche mosse all’indagine di ascolto TER da direttore di Radio RAI Roberto Sergio su NL?
(ML) – Roberto Sergio? Illuminato, come sempre, anche quando prendiamo il caffè al bar ogni mattina (!). Sì, le critiche sono assolutamente condivisibili, Rai poi ne esce veramente malconcia e avendo il polso quotidiano della situazione (dirigo alcuni dei programmi di successo di Radio2, tra cui “Radio2 Social Club”) mi sento di dire che gli indicatori non sono questi. Ma anche con RTR 99, radio romana con cui ho l’onore di collaborare, ho indicatori pazzeschi. Per esempio solo la mattina arrivano in 4 ore fino a 1000 whatsapp diversi, roba da radio nazionale, anzi di più, e TER non riconosce questa marea di ascolti. Ci siamo portati appresso metodi obsoleti di rilevazione e ora il mercato ne paga le conseguenze. (E.L. per NL)