L’ascolto radiofonico nei mercati occidentali sta invecchiando: tutti gli indicatori sono coerenti sul punto (l’età media è a 57 anni).
E’, del resto, nella logica delle cose la suddivisione del pubblico nel paniere allargato dei media.
Ecosistema che negli ultimi 15 anni ha visto l’ingresso sulla scena musicale (e contenutistica in genere) di protagonisti inediti, ma ormai di primo piano: i social media e le piattaforme di streaming on demand.
Ciò ha comportato la decisione di adeguare i palinsesti delle emittenti radiofoniche lineari.
Creando, tuttavia, un paradosso, di cui parliamo con due esponenti italiani del formato radio oldies (che come vedremo tra poco è, in realtà, una macroarea): Patrizia Cavallin (redattrice musicale della Radio Svizzera Italiana) e Carlo Bonarrigo (editore di una delle più importanti stazioni italiane del genere, RTR 99 di Roma).
La definizione
L’iniziale definizione di oldies riconduceva ad un formato radio di brani di successo risalenti agli anni cinquanta e sessanta, con focus su artisti come Elvis Presley, Beach Boys, Beatles, Chuck Berry, Sam Cooke, Simon & Garfunkel, Wilson Pickett, ecc.
Le prime oldies
Le prime stazioni oldies furono, negli anni ’60 e ’70 WCBS di New York, KOOL-FM a Phoenix, WMMS di Cleveland, che si caratterizzarono per la trasmissione di musica rock ‘n’ roll del decennio successivo alla fine della seconda guerra mondiale, intercettando e cavalcando il successo del cd. revival attraverso prodotti cinetelevisivi epocali come American Graffiti, Happy Days e Grease.
Il limite
Tuttavia, col tempo, il formato radiofonico oldies mostrò un limite importante.
Classic hits
“Essendo implicitamente ancorato al ciclo della vita, dalla fine degli anni ’90 si decise di suddividere il generale modello oldies – identificato come trasmissione di brani del passato – in Golden Hits (anni 50 e 60) e Classic Hits (tendenzialmente ancorato agli anni ’70 e ’80) e proiettato – per le citate implicazioni del ciclo vitale – a divenire il successore del formato del modello base (per convenzione definiremo d’ora innanzi la macroarea, oldies, ndr)“, spiega a NL Patrizia Cavallin, redattrice musicale della Radio Svizzera Italiana e station manager del prodotto multimediale vintage 70-80.it.
Le playlist ristrette
“Nella maggior parte dei casi, il layout tipico delle stazioni oldies vede playlist composte da un numero di brani non superiore a 300.
Dinamismo
Fatto che, fino all’avvento delle selezioni personalizzate delle piattaforme di streaming on demand, era considerato un modello vincente, ancorché afflitto dai limiti della costante rotazione e ripetizione della libreria musicale (con riverberi sulla durata d’ascolto), anche se mitigata dall’aggiornamento della stessa (con entrate e uscite dal catalogo con cadenza settimanale, fermo restando il tetto di brani in onda).
Le prime estensioni
Elemento che ha condotto, in molti casi, ad un’estensione della rotazione stabile, collocandola intorno a 1500 brani (modelli estesi rappresentativi negli Stati Uniti furono le emittenti WODS e WOGL, ndr)“, continua la consulente, che ricorda come “normalmente la nostalgia si aggancia alla fase dei 12-24 anni (così che un 60enne di oggi rimarrà ancorato al periodo musicale 1976-1988), quindi al massimo una stazione radio dovrebbe raggruppare due decadi”,
Il ciclo…
“E’ evidente che i formati oldies fondati su decadi predefinite subiscono il ciclo vitale del pubblico di destinazione, ponendo gli editori ad un bivio: rimanere ancorati al periodo (decadi), mantenendo statico il catalogo e confidando nell’interesse di un pubblico anagraficamente più giovane rispetto alla datazione musicale, oppure estendere in avanti il limite temporale della playlist.
… vitale
Alimentando, cioè, il ciclo vitale dell’utenza“, puntualizza Patrizia Cavallin.
I fenomeni
Il riferimento è a fenomeni che, nel primo caso rappresentato, è definito in ambito sociologico come “nostalgia culturale” e, nel secondo, “retrofuturismo”.
Nostalgia culturale
La prima tendenza (particolarmente sfruttata per le recenti fiction tv) si manifesta quando le persone sviluppano un forte attaccamento emotivo o interesse per elementi culturali del passato, anche se non hanno vissuto personalmente quel periodo (è il caso dei millennials affascinati dagli anni ’70 e ’80).
Retrofuturismo
Il secondo riguarda invece l’interesse per le visioni del futuro espresse nel passato, spesso attraverso l’arte, la letteratura, il cinema, lo stile di vita, che possono sembrare futuristiche anche oggi.
Extramusicale
Entrambe queste tendenze possono essere osservate in diversi campi extramusicali, come l’abbigliamento, l’alimentazione, l’arredamento, la cinematografia, ma anche la tecnologia ed il linguaggio.
Gli over the top
“Che si decida di rimanere ancorati al periodo temporale di riferimento, a prescindere dalla progressione d’età dell’utenza tipica, sfruttando al contempo le opportunità della nostalgia culturale o del retrofuturismo o che si opti per spostare in avanti nel tempo il formato oldies, rimane tuttavia sullo sfondo – oggi – la concorrenza delle piattaforme di streaming on demand. Le cui playlist nascono proprio allo scopo di gestire segmenti di pubblico specifici (estremizzandoli pure, in qualche caso).
Le stazioni verticali
E’ vero che anche i gruppi radiofonici strutturati si sono nel tempo dotati di stazioni verticali oldies normalmente legate a decadi (anni 60, anni 70, anni 80, ecc.), oppure a generi (discomusic, rock, dance, funky, ecc.).
Pochi successi concreti
Ma solo in pochi casi ciò ha condotto ad una affermazione delle piattaforme stesse e ad un forte consolidamento di singole emittenti tematiche (soprattutto in Europa, ndr).
Cumulo senza emersione
Favorendo al più un cumulo d’ascolto piuttosto che l’emersione di un prodotto sugli altri. Una strategia, evidentemente, non adatta a prodotti radiofonici lineari via etere”, continua la station manager.
L’eliminazione delle decadi
“Sta di fatto che il graduale abbandono del formato Golden Hits a favore del Classic Hits ha comportato l’eliminazione non solo dei brani anni ’50, ma anche dei ’60, che – come noto – costituiscono un’epoca d’oro per la musica.
Occasioni regalate agli altri
Pensiamo non solo ai pezzi dei Beatles, ma anche ad evergreen come Shocking Blue o i Mamas & Papas. Impensabile escluderli da una programmazione radiofonica, salvo regalare occasioni d’oro alle piattaforme over the top.
La storia della musica
E’ infatti chiaro che si parla di storia della musica contemporanea, dalla quale non si può prescindere.
Il caso della RSI
Non è un caso che alla Radio Svizzera Italiana non prescindiamo da ciò, anche in considerazione che la decade dei ’60 è da qualche anno oggetto di utilizzo in serie televisive di successo sulle piattaforme di streaming video on demand (come Netflix e Prime Video) che riportano in auge classici musicali del periodo”, enfatizza la Cavallin.
I formati ambientali
Ad ogni modo, dopo un iniziale sbandamento, dovuto ad una grave sottovalutazione degli editori del fenomeno dello streaming audio on demand (Spotify & C.) e da una perdita di coscienza del ruolo della radio, i due mezzi hanno iniziato a dividersi spontaneamente i ruoli.
Divisione dei ruoli
Determinando, da una parte (quella delle piattaforme over the top), la somministrazione di playlist estremamente verticali e/o profilate e, dall’altra (quella della radio), la riscoperta del ruolo di scouting musicale e, soprattutto, di intrattenimento.
Il caso di RTR 99
In quest’ottica particolare è da ricondurre il caso singolare della stazione romana RTR 99 (diffusa in DAB+ e DTT anche in Lombardia).
Ambientale
Un modello oldies che possiamo definire ambientale, dove la stazione massimizza la diversificazione rispetto al superato modello della sola playlist, creando un ecosistema che trascende la musica, la quale diviene uno degli elementi (ancorché fondamentale) dell’involucro (l’atmosfera).
Bonarrigo: la centralità del tempo
Spiega a NL Carlo Bonarrigo (nella foto d’apertura), editore dell’emittente: “Abbiamo messo al centro, insieme alla musica, il racconto, fornendo un quid pluris che le piattaforme di streaming non offrono.
Storici del periodo
Per fare tutto questo però bisogna davvero conoscere quel tempo: dalla televisione in bianco e nero, alle canzoni, passando per la società e la cultura”.
Visione opposta
Una visione quindi opposta a quella della somministrazione di playlist ristrette (come detto ormai appannaggio dello streaming, sia esso emanazione delle piattaforme mondiali OTT che di gruppi radiofonici), ma un ritorno al ruolo formativo ed informativo della radio.
Archeologi della musica
In grado di effettuare scouting anche sul passato (la stessa BBC recentemente ha manifestato l’importanza di tale ruolo da parte della radio).
Luogo comune
“E’ questo il punto: è un luogo comune falsato dalla percezione di un certo tipo di radiofonia quello di pensare che il pubblico voglia solo le super hits anni 70 e 80.
Erano quarant’anni che non sentivo questo brano
La nostra utenza vuole anche quelle che ti fanno esclamare: erano quarant’anni che non sentivo questo brano!”, continua Bonarrigo.
Le emozioni che fanno ritornare al periodo
“Voglio citare “E dirsi ciao” dei Matia Bazar: vinse Sanremo nel 78; da molti è dimenticata, ma farla risentire dà emozione”, sottolinea l’editore di RTR 99.
Canzoni e parole fuori dal cuore
“Un lavoro accurato dove ogni giorno si dà qualcosa che altrove non si sente. Se bisogna dire cose, queste devono avere il tempo per una esposizione chiara.
No ai 9 secondi di parlato
Siamo lontani dal mondo delle radio dove al massimo si può parlare per 9 secondi.
Oldies non significa rimpianto o tristezza
Non c’è rimpianto o tristezza. Ma la consapevolezza che il tempo che raccontiamo è stato bello.
Strana nostalgia
Per non interrompere l’onda dell’emozione, non realizziamo giornali radio che interromperebbero “la strana nostalgia”.
Informazione non è solo news
La nostra programmazione, infatti, è essa stessa l’informazione (smentendo un altro luogo comune che l’associa solo alle news).
Plus valore
Un altro plus valore rispetto ad una playlist asettica”, conclude Bonarrigo. (M.R. per NL)